domenica 25 marzo 2007

Cimitero militare italiano di Hawzen, Cimetière Militaire Italien de Hawzen, Hawzen Italian War Cemetery





 Nella cittadina di Hawzien, a pochi chilometri dalla "rotta storica"esiste un piccolo cimitero italiano dove sono sepolti i poveri resti di soldati italiani caduti durante l'occupazione dell'Etiopia del 1936. Questo sacro luogo è completamento abbandonato a se stesso. Ci pascolano le pecore. Le lapidi sono state asportate. Le due rimanenti prese a martellate.
Abbiamo inviato una lettera informativa all'Ambasciata Italiana ad Addis Abeba affinché le ossa dei nostri connazionali siano spostate al Cimitero Militare Italiano di Macallè.

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P.S.  Tutte le salme sono state spostate nel più grande Cimitero Militare Italiano di Macallé.

martedì 20 marzo 2007

Il Gheralta Lodge-The Gheralta Lodge

  



 Silvio Rizzotti con le autorità locali. Silvio Rizzotti avec les autorités locales.
Silvio Rizzotti with Local Authorities.





 I monti Gheralta. Les Monts Gheralta. Gheralta Mountains.




Silvio Rizzotti è una persona ammirevole. Pensionato, ha avuto il fantastico coraggio, insieme a sua moglie Enrica, di costruire un lodge vicino il paese di Hawzien nel nord dell'Etiopia nel Tigray Region. Il 25 marzo ci sarà l'inaugurazione. Ha scelto un luogo favoloso, dove c'era un posto di comando e osservazione durante l'occupazione italiana dell'Etiopia del 1936. Si trova a pochi chilometri dalla strada asfaltata Macallè-Adigrat. Da questo balcone sul Tigray il panorama che ci si presenta è letteralmente da incanto. E' un luogo semplicemente stupendo: provare per credere. Tanti auguri a Silvio.

A poche centinaia di metri c' è un dismesso cimitero militare italiano.Tutte le salme sono state spostate al più grande cimitero di Macallé.

Gheralta Lodge, in the heart of historical route. In the heart of Tigray, the northen region of Ethiopia, two hours far from Mekelle Airport, there is a special settlement to welcome you: "The Gheralta Lodge", near Hawzien Town. Gheralta Lodge: phone 00251.34.66.70.343 / 00251.34.66.70.344
Info & booking: 00251.11.55.45.489natureandculture@ethionet.et


http://www.gheraltalodgetigrai.com/

domenica 18 marzo 2007

La rotta storica, da Addis Abeba a Macallè. La route historique d' Addis Abeba à Macallè. The historical route from Addis Abeba to Macallè.



 
 
 Mandria di zebù al pascolo.


Ponte costruito dagli italiani nel 1936. Ancora in perfetto stato di conservazione.


 
 Pastore. Berger. Shepherd.

 La città di Debre Sina, a quota 2919 metri, importante centro, anche durante l'occupazione italiana, con la posta, infermeria, telefono, ristoranti "Trattoria La Toscana", Albergo Gondrand.

 Il famoso tunnel "Mussolini" (o Termabèr) lungo 587 metri ed inaugurato nel 1938. E' l'opera più importante su tutto il percorso da Asmara ad Addis Abeba.
 
 Sui monti del Termabèr fa freddo...

 Il tracciato diventa sinuoso con lunghe discese e  strette curve.

 Capre e babbuini "Gelada" ormai pascolano insieme. Si è spezzata la sottile linea che delimitava le zone dei pascoli. I pastori spingono sempre di più le loro mandrie nei territori abitati dalla fauna selvatica.

 Esemplare maschio di babbuino "Gelada" visto al Passo di Termaber.

La vegetazione autoctona è stata abbattuta per far posto a zone agricole e sostituita con eucalipti.

La pulitura delle lenticchie per fare lo "scirò".

 Capanne in montagna: sotto la stalla per gli animali e sopra l'abitazione.

Viaggio interessante...la strada si snoda tra colline, montagne, altopiani e vallate, tutto da ammirare. Attraversa villaggi dove tutto sembra fermo a parecchi anni fa. Segue lo stesso percorso che fu tracciato quasi 70 anni fa da i nostri nonni durante l'occupazione coloniale. Arriviamo al Passo Termaber dove l'Etiopia ci riserva una delle sue innumerevoli sorprese: una fitta nebbia ed un branco di babbuini "Gelada" con il petto rosso. Fa freddo. ma lo scenario così calmo, tranquillo, ovattato ha una sua magia tutta particolare. Si riprende a scendere tra vallate e pianure e a Debra Sina pranzo in un ristorante tipo "camionisti". Tardi nella serata, sotto la pioggia arrivo finalmente a Dessie, città caotica e piena di traffico. Riconosco un po i vecchi fabbricati di stile fascista: la casa del fascio, il cinema, la posta. Per arrivarci ho percorso un tratto di strada abbastanza difficile, in costruzione dai Cinesi, con automezzi del cantiere fermi in mezzo la strada e non segnalati. Buche, precipizi, massi di roccia, fango. Con un po di difficoltà trovo l'albergo consigliatomi. Una frugale cena aspettando un pesce di lago fritto che non è mai arrivato (o bene è arrivato dopo tre quarti d'ora, pagato e non mangiato). Poi letteralmente gettato a capofitto in un letto per un meritato riposo. Dormito malissimo a causa delle zanzare. La mattina presto controllo auto e come al solito trovo una gomma a terra. E via di corsa a trovare un gommista (che per fortuna anche in amarico e in tigrino usano la stessa parola italiana). Tra fango e sporcizia, la ruota viene smontata con il mio cric. La camera d'aria riparata e poi gonfiata a mano poiché non c'era l'elettricità per caricare d'aria un vecchio compressore (residuato di qualche guerra). Una colazione con "bunna" (caffè) e dolce tipo torta della nonna. E poi di nuovo in cammino su una pista di servizio in pessimo stato, senza segnaletica alcuna. E' ben noto che le Ditte costruttrici cinesi, in Africa, non usano affatto segnaletica durante la costruzione di  strade.  Ricordo  una brutta avventura durante il mio ritorno da Lalibela, nelle vicinanze di Woldia; erano le 20.00 ed era buio pesto. La pista era in riparazione da una ditta cinese. Vidi un camion venire in senso inverso, con i fari abbaglianti, che mi si avvicina troppo. Suonai e lampeggiai ripetutamente con i miei fari. Niente da fare. Fui costretto a fermarmi. Per fortuna il camion rallentò la sua corsa e si fermò a qualche metro da me. Era un camion della Ditta cinese, con autista etiope. Scesi per reclamare e mi accorsi che avevo fermato l'auto a poca distanza da uno scavo profondo almeno tre metri...senza segnaletica alcuna...sai che botto se ci finivo dentro.

giovedì 15 marzo 2007

Addis Abeba



Arrivato in una mattinata di maltempo, i lampi zebravano il cielo accompagnati subito dopo da tuoni impressionanti. La pioggia già aveva iniziato a bagnare l'asfalto e fissava la fitta polvere.
Il "Nuovo Fiore" è la traduzione di Addis Abeba. Si trova a quota 2.500 metri. Si estende in lungo e in largo. C'è tanto verde: parchi, giardini, aiuole fiorite. Qui gli abitanti vivono in piccole abitazioni, con struttura portante in legno tamponate da una malta composta da argilla, paglia e sterco di animali, tutte con il tetto in lamiera. Ai nostri occhi sembra una enorme bidonville. Ma non è tutta cosi'. I quartieri bene sono composti di palazzi ben costruiti con tanto verde intorno. Nel centro città, specialmente vicino la "Piazza" ci sono delle belle e solide abitazioni. Neanche Addis Abeba sfugge alla corsa delle costruzioni moderne e un po' ovunque crescono come funghi nuovi palazzi in calcestruzzo costruiti con l'aiuto di ardite impalcature di tronchi di eucalipto. Sono ospite da Silvio Rizzotti che abita in una spaziosa villa vicino al vecchio aeroporto. Numerosi alberi circondano il quartiere ed ospitano una varietà infinita di uccelli multicolori e l ' Etiopia mi è sembrata il loro paradiso.
Vi invito a visitare il seguente sito che mi ha aiutato moltissimo a dare loro un nome: www.oiseaux.net
Mi hanno colpito le donne spazzine coperte dalla testa ai piedi. Sulla testa un ampio cappello di paglia per ripararsi dai dardi infuocati del sole. Sulla faccia un foulard per cercare di filtrare la densa polvere che sollevano spazzando. Hanno in mano una scopa made at home. Una ampia gonna che arriva fino in terra. Queste sono le silenziose donne spazzine che tengono pulite le strade di Addis Abeba.

martedì 13 marzo 2007

Partenza per l' Etiopia, Depart pour l'Ethiopie,





E' sempre una sorpresa ogni viaggio in Africa. Sarà differente dai precedenti sotto tutti gli aspetti. Spero comunque che i lati positivi supereranno di gran lunga quelli negativi. Farò del mio meglio. Per principio sono ottimista e vedo sempre le sfaccettature migliori di ogni carattere.
La notte in volo per Addis Abeba sarà lunga e non si potranno ammirare le distese infinite di sabbia del deserto del Sahara. Arriverò a destinazione senza aver chiuso occhio, non riesco a dormire in aereo. Ma già assaporo il viaggio in auto dalla capitale fino a Macallè. Finalmente potrò fotografare il famoso tunnel "Mussolini" che tanto scalpore fece presso gli abissini durante la sua perforazione. Spero che il mio amico Silvio Rizzotti mi farà un programmino per non perdermi le numerose attrattive, mercati, paesaggi che si incontrano lungo il cammino della "rotta storica". Conto su di te Silvio.

domenica 11 marzo 2007

L'albero della gomma, L' arbre à caoutchouc, Para rubber tree.




Lattice raccolto da un'incisione nel tronco. La sève sort d' une incision dans le tronc.


Piantagione in Costa D'Avorio. Plantation en Côte d'Ivoire.

L'albero della gomma è natio dell'Amazzonia. Oltre che in Sud America è coltivato nel Sud-Est Asiatico ed in alcuni Paesi africani della fascia tropicale, come la Costa D'Avorio. Il lattice estratto dal suo tronco ha oggi trovato larga applicazione industriale e viene trasformato in gomma secca.

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Le caoutchouc naturel provient de l'hévéa. À maturité, cet arbre atteint un hauteur de 25 mètres. Dès l'aube, les planteurs procèdent à la saignée. La sève, d'un blanc laiteux, appelée latex, coule dans des petits bols qu'il faut ramasser quotidiennement. Ensuite, les planteurs essorent le latex pour en extraire l'eau. Puis, sous la forme de larges feuilles, le latex est emballé et acheminé vers les usines de transformation.
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The Pará rubber tree (Hevea brasiliensis), often simply called rubber tree, is a tree belonging to the family Euphorbiaceae and the most economically important member of the genus Hevea. It is of major economic importance because its sap-like extract (known as latex) can be collected and is the primary source of natural rubber.

venerdì 9 marzo 2007

Ananas





Non immaginavo mai che l'ananas fosse una pianta un pò simile la carciofo, credevo che era un frutto di un albero. Rimasi meravigliato quando vidi per la prima volta enormi distese coltivate ad ananas in Costa D'Avorio. In Africa viene coltivata nelle regioni tropicali come il Kenia, il Ghana, Benin, Nigeria, Cameroun. L'ananas è il re della frutta tropicale. E' stato chiamato dagli inglesi "pineapple" per la sua somiglianza ad una pigna. In altre lingue, tra cui l'Italia, ha preso il nome di ananas che deriva dal paraguaiano "nana" che significa frutto eccellente.

giovedì 8 marzo 2007

Macallè, Mèkele


La Chiesa di Romanat, posizionata sopra le cascate, domina tutta la valle.

Le cascate di Romanat a pochi km da Macallè. Zona selvaggia da film western.
 Le donne portano pesi gravosi tutto sulla schiena, quasi niente in testa, come in altre parti dell'Africa. Questo recipiente in terraccotta è pesantissimo da vuoto...figuriamoci quando è pieno.(un piccolo ricordo di un battibecco, avuto con un collega, per una cassetta vuota di coca cola... del peso di soli 7 kg che la nostra cameriera di 27 anni non poteva sollevare; alla fine, per il quieto vivere, sono stato io a portarla sul cassoncino della Toyota, e per giunta sono stato pure giudicato male... leggi seghe mentali). Ma quando gli lavava i suoi panni sporchi e la cameriera trasportava 2 secchi pieni d'acqua di circa 10 kg cadauno, allora il peso era leggero...

 Pneumatici di camion e di auto riciclati in sandali, manici, redini per cavalli ecc.

Veduta dalla terrazza dell'Axum Hotel.
 
Panorama della città dal forte Galliano.


Mek'lè in lingua locale è la capitale della Regione del Tigray in Etiopia. Si trova a circa 800 km a nord di Addis Abeba. Dopo la sua fondazione da parte di Yohannes IV nel IX secolo, è cresciuta fino a diventare uno dei centri più importanti di tutto il nord dell'Etiopia. Possiede una importante fabbrica di cemento, una fabbrica per il montaggio di cassoni su telaio Iveco, un nuovo e moderno aeroporto. Nuovi quartieri stanno crescendo come funghi. Ed anche i negozi per "farengi" pure. Stanno ammodernando le strade e nè costruiscono di nuove. La parte vecchia, ha una impronta della presenza italiana.
Cenni storici:
Nel gennaio del 1896, dopo la sconfitta di Toselli all'Amba Alagi, fu ordinato il ripiegamento di tutte le truppe italiane verso Adigrat dal generale Arimondi. Tuttavia fu lasciata una guarnigione nel fortino di Macallè con a capo il capitano Giuseppe Galliano con circa 200 Italiani e 1000 Ascari accerchiati da 60.000 Abissini. Il primo attacco fu respinto. Dopo che gli Abissini presero possesso dei punti d'acqua a Galliano non gli rimase che sgombrare il fortino.

mercoledì 7 marzo 2007

Injera, il piatto nazionale etiope. Injera le plat national éthiopien. Injera, the ethiopian national dish.



Coperchi per la cottura dell'injera, sono leggerissimi e fatti con un impasto di argilla e paglia e per collante sterco di animale.
Cottura dell'injera all'aria aperta con fuoco di carbone, alla maniera tradizionale.

L' injera è cotta e viene tolta dalla piastra.
 Si stende la pastella sulla piastra infuocata, partendo dall'esterno.


 L'injera è il pane etiope. Assomiglia ad una grossa crêpe grigia e un po spugnosa. Ha un forte gusto acidulo che si spegne sotto le vampate piccanti delle salsine al berberè. Viene servita su di un ampio piatto dove al centro ci sono adagiate le salsine piccanti e le carni: il wot, il doro wot (pollo), il kai wot (spezzatino di carne), verdure e formaggio aib. In ogni caso la cucina etiope è molto piccante e saporita. L'injera si mangia con le mani; si strappa un pezzo e si prende il cibo depositato al centro, si chiude con le dita e si porta in bocca. Si può servire anche a piccoli rotoli che si intingono nelle salsine. Con il teff si prepara l'injera. E' un cereale simile al miglio, con chicchi piccolissimi, che cresce su gli altopiani etiopi. Ricco in ferro, calcio, potassio, proteine. Nell'impasto non si aggiunge il lievito poichè nella sua buccia già c'è del lievito naturale. Si lascia l'impasto riposare per circa 2/3 giorni. La fase successiva è la sua cottura su di una piastra circolare ben ardente. Si copre con un coperchio a cupola ( vedi foto) e dopo qualche minuto l'injera è pronta per essere servita. Il berberé è un misto di peperoncino rosso seccato e ridotto in polvere, aglio, chiodi di garofano, coriandolo, ginger fresco; la polvere di questa "bomba piccantissima" è di un bel colore rosso ed è onnipresente.

Alcuni piatti che si servono con l'injera:

Piatti di carne:

DORO WOT (pollo, uova, kibe, cipolle, berberé)
SEGA WOT (spezzatino di manzo, kibe, cipolle, berberé) Foto sopra.

BEG WOT (stufato di pecora, kibe, cipolle, berberé)
BEL ALICHA' (come sopra in piu' verdure miste cotte aromatizzate)

TEBS ( carne cotta con cipolle)
KITFO ( pezzetti di manzo crudo condito con berberè e kibe)


Piatti con verdure:

ALICHA'
(verdure miste cotte)

MESSER WOT (stufato di lenticchie)
GOMMEN WOT (stufato di bietole)
ATER WOT (stufato di piselli secchi)
SCIRO WOT (crema di piselli)

Formaggi:
AIB (formaggio preparato con latte di mucca)

Dolci:
DABO KOLO (pezzetti di pane dolce fritto).
Bevande:
VINI (Guder, Axum, Dukan, Awash).
BIRRE (produzioni locali Bedele, Harar, Dashen, S. George, Castel, Meta).
TELLA ( orzo, foglie di gesho).
TEJ ( idromiele.......).
ARAKE' (grappe aromatizzate).



Peperoncino secco che diventerà il piccantissimo"berberé".