martedì 24 aprile 2007

Gondar, Gonder e Culqualber Passo delle Euforbie


Imperor Johannes (1667-1682), come suo padre, fece costruire numerosi edifici, i piu' importanti sono la cancelleria e la libreria, entrambi di meta' grandezza del castello di Fasilide. Yohannes era noto per essere pio e devoto e con un grande interesse per la scolarita' e per i libri in genere.
Johannes castle is one of several notable edifices in Gondar. Emperor Johannes I (1667-1682), like is father, erected a number of notable buildings, the most famous of which were a library and chancery, both about half the size of the castle of Fasilidas. Yohannes was described as very pious and devout, a man of scholarly interests who greatly loved books.



Le radici dei sicomori avvinghiano i muri perimetrali della piscina.
Sycomor roots take over the perimeter of the pool.


La piscina di Fasilide. La piscine de Fasilide. Fasilida's bath.


Chiesa di Debre Birham Sellassie. Eglise de Debre Birham Sellassie.
Church of Debre Birhan Sellassie.  Solo questa chiesa vale un viaggio in Etiopia.


Vecchio palazzo amministrativo italiano. Vieux bâtiment administratif italien.
Old Italian administrative building.




Cinema Gondar.





Panorama.

Castello di Yohannes I. Château de Yohannes I. Yohannes I's castle.

Incastonata in una bellissima cornice di montagne che la circondano, la " Camelot" africana deve il suo curioso soprannome agli innumerevoli castelli. E' la città mediovale. Era la vecchia capitale imperiale dell'Etiopia attualmente parte della Regione di Amhara. Gondar fù fondata dall'Imperatore Fasilide verso il 1635. Città famosa per i suoi castelli che ricordano il suo antico splendore. Oltre al castello di Fasilide, si possono ammirare gli altri palazzi costruiti negli anni seguenti quali: la Biblioteca di Yohannes I, il castello a forma di sella di Iyasu I, la casa del canto di Dawit III e tutti gli altri. La città di Gondar è quella che conserva le tracce più evidenti del passato coloniale italiano. Basta farsi un giro in centro, intorno alla piazza principale, su cui si affaccia l'edificio delle Poste, per capire quanto l'impronta dell'architettura fascista abbia segnato la struttura urbanistica della città.
E' stato, uno dei più rilassanti e piacevoli viaggi fatti in Etiopia.


Cenni storici:

Gondar cadde il 27 novembre del 1941 occupata dalle truppe inglesi dopo mesi di olocausto di Culqualber-Passo delle Euforbie, dove meno di 3.000 tra Carabinieri, Camicie Nere, Ascari, Ziptiè si scontrarono con circa 22.500 Britannici e Alleati delle loro Colonie, ma mantennero l'impegno e tutti si immolarono contrattaccando laceri e stremati.
Il presidio del ridotto italiano, a fine di ottobre, poteva ormai solo opporre 1.800 uomini stanchi, affamati, sfiniti e febbricitanti, dei quali molti già feriti. Siamo ormai all'ultimo atto della tragedia per i difensori di Culqualber-Fercaber, decisi più che mai, dai comandante all'ultimo soldato, a non arrendersi neppure con l'onore delle armi: piuttosto preferiscono morire tutti.

Il 12 novembre comincia l'attacco britannico decisivo. Esso non riuscirà ad aver ragione di quel pugno di eroi se non il 21 novembre, dopo nove giornate di durissima ed impari lotta.
Basta prendere un qualsiasi vocabolario della lingua italiana e alla voce " eroe " si legge: 
" Chi sa lottare con eccezionale coraggio e generosità, fino al cosciente sacrificio di sé per una ragione o ideale ritenuto valido o giusto".
All'alba del 12 una cinquantina di aerei, in ondate successive, tempestarono di bombe e mitragliarono l'intera area dei capisaldi, procurando forti nostre perdite in morti e feriti.
Dopo una notte insonne, perché i difensori erano tesi per cercare di evitare qualsiasi infiltrazione, gli italiani furono investiti allo spuntare del giorno 13 da un attacco generale da tutte le direzioni.
Reparti regolari di indiani, di sudanesi e di est africani con una massa di abissini, tutti inquadrati da ufficiali e sottufficiali inglesi, si lanciarono all'assalto. Il maggiore sforzo fu esercitato contro il costone dei Roccioni, sul lato nord, difeso dalle compagnie 3a del CCXL Btg. Camicie Nere e dalla 2a del Battaglione Carabinieri. In qualche punto la linea fu intaccata ma la situazione fu subito ristabilita da una serie di furiosi contrattacchi.
Il nemico, che aveva subito enormi perdite, fece scavalcare da nuove masse fresche quelle che erano state respinte nel primo attacco. Questa volta gli Inglesi riuscirono ad arrivare fino sul bordo delle trincee ma vi furono annientati colpi di baionetta e lancio di bombe a mano.
Quando, verso le 17, l'avversario abbandonò la partita ormai perduta, oltre 150 suoi caduti erano disseminati davanti alle nostre linee. Carabinieri e Camicie Nere si erano battuti da disperati, senza limiti di sacrificio. Presso la 3a Compagnia Camicie Nere, caduti tutti i difensori di un centro di fuoco, essi furono spontaneamente sostituiti da un gruppo di cucinieri e di scritturali; sottoposto nuovamente lo stesso centro ad un implacabile bombardamento di mortai nemici, questi valorosi combattenti improvvisati si lasciarono massacrare fino all'ultimo uomo piuttosto che abbandonare il posto che erano accorsi a difendere e a non far cessare così il fuoco delle armi del centro.
Alla fine della giornata del 13 novembre, il CCXL Btg. CC.NN aveva già perduto il 45% dei propri effettivi.
Una giornata di sosta. La lotta riprese il 15 con un ennesimo furioso bombardamento delle posizioni italiane sia da terra che dall'aria.
Nuovi attacchi nemici si scatenarono il 16: furono tutti respinti sanguinosamente, ma intanto nuove perdite assottigliavano le file dei coraggiosi difensori. Il mattino del 18, nel settore sud, si delineava un attacco con carri armati: le mine a strappo ne facero saltare alcuni e gli altri si ritirarono. Intanto, contemporaneamente, le autoblindo attaccavano a nord e venivano ributtate dai precisi tiri dei pochi pezzi della difesa.
Il giorno 19, dopo una nuova proposta di resa onorevole, naturalmente anch'essa respinta, ricominciarono i bombardamenti aerei e continuarono per tutto il 20 novembre: la sella di Culqualber era tutta un ribollire di scoppi, di schegge e di fiammate. La terra era bollente per il calore lasciato dallo scoppio delle bombe di aereo. Le nostre perdite crescevano. Il Caposquadra Colagrossi, della 42 Compagnia CC.NN., ferito gravemente, rifiuta di essere trasportato all'ospedaletto e aggrappato alla mitragliatrice, continua a sparare cantando: « ma la mitragliatrice non la lascio! ».
Alle tre del mattino del 21 novembre grossi nuclei nemici iniziano l'avvicinamento alle posizioni italiane, ferocemente investite dal fuoco da ogni direzione.
Prima dell'alba, nel buio, dai posti di difesa e dalle trincee, si era sollevato sommesso ed accorato e per l'ultima volta il canto di Culqualber: erano le Camicie Nere del CCXL Battaglione!
Davano lo estremo saluto alla Patria ed alla vita.
Dopo un fuoco spaventoso si sviluppò l'assalto decisivo e totale, con più violente puntate nei settori del fronte nord, tenuti dalle Compagnie 1a e 3a dei legionari e dalla 2a Compagnia Carabinieri. Contemporaneamente veniva investito il fronte sud (1a Carabinieri e 2a CC.NN.).
Alle prime luci dell'alba, mucchi di cadaveri nemici coprivano il terreno antistante alle nostre posizioni e molti erano i caduti ed i feriti fra i difensori. Ma non un palmo di terreno era ancora andato perduto.
Alle ore 6.00 l'attacco riprese sempre più intenso. iI Ten. Col. Ugolini, dal suo posto di comando bersagliato come le trincee, si teneva in contatto coi comandanti dei suoi tre battaglioni. Anche a Fercaber, il XIV Btg. CC.NN. del Seniore Lasagni era assalito con violenza e si difendeva accanitamente.
Il secondo attacco della giornata si scatenò soprattutto contro il settore della 2a Compagnia CC.RR. e contro le CC.NN. di Calabrese e di Mazzoni. Le forze degli italiani si andavano assottigliando. I nemici giunti sulle trincee furono ancora una volta ributtati indietro in furibondi corpo a corpo. Dalle due parti c'era stata una strage.
L'avversario era però riuscito ad infiltrarsi tra i due caposaldi di Culqualber e di Fercaber riuscendo così a separarli: ma il XIV Btg. Camicie Nere, ormai isolato, resisteva ancora arroccato alle sue posizioni.
Dopo le ore 7.00 l'attacco si faceva sempre più vigoroso. I carabinieri del capitano Azzari (2a Compagnia) erano maciullati dai colpi di mortai e dai mitragliamenti degli aerei a volo radente. Un nuovo assalto trovò pochi superstiti che si difesero fino alla morte ed il nemico conquistò le trincee ormai deserte. Sommersi i posti avanzati, i reparti africani, inglesi e indiani piombarono alle spalle degli ultimi uomini della 2a Carabinieri; questi contrattaccarono all'arma bianca ma vennero schiacciati dal numero delle orde avversarie, e la stessa sorte toccò subito dopo alla 2a compagnia delle CC.NN.
Perduto anche il costone dei Roccioni, i pochissimi superstiti dei Carabinieri e dei Legionari, sfiniti e sanguinanti, ripiegarono raccogliendosi intorno al comando per l'estremo sacrificio.
Sul settore sud intanto CC.RR. e CC.NN., allo sperone ed alla gola Uorkajè, resistevano senza cedere terreno. Il nemico, ubriaco di alcool e di successo, stava per invadere l'interno del ridotto, ma le ultime due compagnie di ascari, con il Maggiore Garbieri alla testa, vennero gettate al contrattacco. Esse esitarono un istante, ma, quando videro aggiungersi ad esse gli ultimi resti degli italiani, si buttarono sull'avversario. Questo non ebbe il coraggio di affrontare questi uomini trasformati in belve e si diede alla fuga. Alle ore 9,30 tutte le trincee erano riconquistate.
Contemporaneamente la drammatica lotta impegnava la 4a Compagnia delle CC.NN. In suo soccorso accorreva la la Compagnia del LXVII coloniale ed insieme i due reparti riuscivano a disperdere i soldati sudanesi.
Dopo una breve pausa, la lotta si riaccese feroce con un nuovo attacco alla la Compagnia Carabinieri del Capitano Celi ed al costone dei Roccioni ora difeso dai resti delle compagnie CC. NN. 1a e 3a del CCXL Btg.
Straziati dai colpi dei mortai i difensori dovettero ripiegare; poi, aiutati dagli ultimi ascari, con un estremo contrattacco ristabilirono l'integrità della linea.
I caduti si sommavano ai caduti; i sopravissuti avevano ormai accettato serenamente il loro destino di morte. Il tempo passava, finivano le munizioni, ma la lotta continuava inesorabile. Alle ore 12,50, primo fra gli avanzi dei suoi ascari, cade il Maggiore Garbieri.
Intanto il presidio di Fercaber, (le CC.NN. del XIV Btg., i pochi ascari ed i genieri ed artiglieri), aveva dovuto soccombere letteralmente sopraffatti. Erano le 13.00 del 21 novembre ed a Culqualber si lottava ancora stoicamente. Il Maggiore Serranti, comandante dei Carabinieri, già ferito e sanguinante, continuava imperterrito a restare con gli ultimi uomini del suo battaglione. Anche il Ten. Col. Ugolini perdeva sangue da molte ferite, ma nessuno cessava di combattere.
Sotto l'impeto di un feroce assalto delle truppe coloniali inglesi, i difensori, sfiniti, cominciarono a vacillare. Raccolto l'ultimo pugno di soldati, il Maggiore Serranti ed il Seniore Cassòli del CCXL Btg. CC. NN. balzarono ad un estremo contrassalto: mescolati, Carabinieri, CC.NN., ascari e genieri, al grido di «Savoia», ingaggiano una lotta furibonda.
In quest'ultimo disperato slancio morì gloriosamente il Maggiore Serranti trapassato dalla baionetta di un soldato sudanese; subito dopo, cadde fulminato da una pallottola il Seniore Cassòli, comandante del CCXL Btg. CC.NN. E' giusto ricordare anche l'estremo sacrificio di circa 8 tra Carabinieri e Camicie Nere che rimasti vivi dentro una trincea, vengono circondati da truppe inglesi, ma decisero di non arrendersi; finite cartucce e bombe a mano, non rimase loro che innestare la baionetta. Schierati a quadrato e rifiutato l'ennesimo ordine di arrendersi, al canto della "canzone di Culqualber, andarono irruenti all'attacco con la sola baionetta, ma vennero trucidati dal nemico che nel frattempo aprì il fuoco.
Raccolti attorno all'eroico comandante del ridotto, pochissimi sopravvissuti, sparati gli ultimi colpi, fatti saltare i pezzi di artiglieria, inutilizzate le armi, contornati dai corpi dei compagni caduti, si prepararono a morire. II Ten. Col. Ugolini fece ammainare la bandiera e la bruciò.
Gli episodi di valore individuali e collettivi non si contarono più e i nostri, nazionali e coloniali, uomini e donne, entranrono nella leggenda. Le popolazioni abissine ricordano ancora con ammirazione i difensori di Culqualber-Fercarber definiti, con la loro figurata espressione, come i "Leoni ruggenti del passo delle Euforbie".
Intanto l'ondata dei nemici arrivò al cuore del caposaldo ed un soldato africano si lancia con la baionetta contro il comandante italiano, ma venne fermato, appena in tempo, da un capitano inglese, che salutò Ugolini e rinunciò a farsi consegnare da lui la pistola. In riconoscimento del suo valore, con una autorizzazione speciale del Gen. James, Ugolini conservò l'arma anche in prigionia.

Cadde così il sipario sull'epopea di Culqualber - Fercaber.
L'eroica superba estrema difesa è costata, tra il 13 ed il 21 novembre, le seguenti perdite:
- su circa 1.580 nazionali: caduti, 513 - feriti, 404.
- su circa 1.200 coloniali : caduti, 490 - feriti, 400.
su circa 200 donne mogli degli ascari, ne perirono oltre 100,
Molti dei coloniali avevano, come sempre é stato costume nelle nostre truppe africane, mogli e figli al seguito. Le donne erano circa 200 ed anch'esse si comportarono egregiamente nello svolgimento dei compiti logistici loro assegnati.
In particolare, il CCXL Btg. Camicie Nere si immolò quasi completamente sul campo.
Il Ten. Colonnello Ugolini, comandante di grande tempra e con una lunga esperienza africana, aveva saputo amalgamare le forze ai suoi ordini fondendole in un unico blocco determinato a resistere fino all'impossibile, consapevoli - fra l'altro - che la loro resistenza avrebbe ritardato l'attacco finale da parte del nemico con colonne motorizzate alla fortezza di Gondar, ultimo baluardo della nostra difesa in Etiopia. Tutte le sue truppe avevano fatta loro "una cantata dei legionari" composta dal comandante della 1a compagnia del CCXL Btg. CC.NN. ( Centurione Calabrese) che diceva:

 

........Italia mia, da sol combatterò per te,
mangerò l'angerà e la burgutta,
soffrirò, lotterò, morirò per te;
pur se la vittoria é una chimera
io non mi arrenderò,
alzo la mia bandiera
e per l'onore sol combatterò......
Queste strofe passeranno alla Storia come la "Canzone di Culqualber".

Non esiste un cimitero per questi eroi. C'è solo un cippo malandato. Un paio di anni fà qualcuno venne da Roma per visitare il luogo alfine di erigere un monumento...ma finora solo chiacchiere. Vedrò di darmi da fare per trovare qualcuno che mi ascolti per sensibilizzarlo a proposito.


Un paio di anni dopo, un graduato americano disse: gli Italiani sono i peggiori soldati sulla faccia della terra. The American Lietenant Leonard E. Jones, of C Company (Big Red One), 18th Infantry Regiment, laughed: " Italians are the worst soldiers on the face of the earth. They love to be captured".
Disse questo poichè forse non si era mai trovato davanti i difensori di Culqualber o i parà della Folgore e tanti altri ancora.


The African "Camelot" is situated in a beautiful setting between mountains among many castles. It was a medieval city and was the ancient imperial capital of Ethiopia. Gondar was founded in 1635 by the Emperor Fasilide. Besides the Fasilide Castle shaped like a saddle, the musical house (Dawitt III) among others. Gondar is the city that shows most of past Italian colonial signs. Just a short walk in the center around the main square where the Post Office is located, one can see the fascist heritage in the urban architecture. It was one of the most relaxing a pleasant trips in Ethiopia.

Gondar fell on November 27, 1941 occupied by the English troops after nine days of "holocaust" of Culqualber-Passo delle Euforbie, where approximately 3000 Carabinieri, Black Shirts, Ascars, Ziptiés battled against 22.500 British soldiers. They held on strongly, although badly beaten. There is no cemetery for these heroes. There is only a worn out sign. A couple years ago someone from Rome come to visit the site in order to erect a monument...but nothing has been done.


Few years later, the American Lieutenant Leonard E. Jones, of C Company ( Big Red One) 18th Infantry Regiment, laughed: 
"Italians are the worst soldiers on the face of the earth. They love to be captured."


2 commenti:

  1. Cittadina pulita e vivibile. Si trova tutto. Non hanno distrutto i vecchi palazzi costruiti dagli italiani. Ho paddato a Gondar i migliori anni della mia vita...ricordo tutto con nostalgia.

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  2. Scusa in quali anni? Io cerco notizie su Gondar,il mio bisnonno ci ha vissuto 11 anni...mi piacerebbe ricstruire i suoi anni lì ma so ben poco

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