Avamposto della Legione Straniera, Avant-poste de la Légion Etrangère, The French Forein Legion old base
Forte della Legione Straniera dove ho passato una notte da incubo.
L'aeroporto con la pista in laterite di Aioun El Atrouss. L'aereo un DC4 veniva a trovarci una volta la settimana: il giovedì e per noi era grande festa poiché arrivavano derrate fresche dalla capitale. I piloti, tutti francesi, ex militari, si fermavamo a pranzo da noi: il vino era abbondante con le conseguenze che ognuno può immaginare.
La squadra al completo. Qualcuno se ne andato. Abbiamo passato mesi veramente duri. I brutti momenti sono svaniti nel tempo lasciando il posto a ricordi bellissimi e indelebili. Il deserto è un ambiente difficile da dimenticare, è troppo attraente.
***
Prima parte:
Le principali comunità sono i Mauritani bianchi di origini berbere e arabe, politicamente dominanti e i Mauritani neri considerati da tutti schiavi.
Deserto della Mauritania. Ci trovavamo a nord di Aioun el Atrouss in zone a dir poco incantevoli, lungo la pista che porta a Tickit. Le dune giallo- oro di sabbia finissima non finivano mai di stupirci. Era un susseguirsi ritmato di deserto, cime rocciose, dune, brousse, di sebkha polverosa.Ci fermavamo ogni tanto per scattare foto e per ammirare paesaggi quasi incontaminati. Il silenzio era disturbato solo dalle nostre voci e dal rombo dei motori delle auto. La superficie delle dune erano leggermente increspate dal passaggio del vento. Uno scorpione tentava di ripararsi sotto la sabbia rovente, scavando una riparo, cercando un po di refrigerio dai raggi infuocati del sole che inesorabile dardeggiava la sabbia già abbondantemente bollente.
Seguendo la pista sabbiosa arrivammo al villaggio, meta del nostro intervento. Dovevamo cercare dei siti idonei per piccoli sbarramenti, in modo che, durante la breve stagione delle piogge, potevano sbarrare il passaggio dell'acqua piovana e formare dei piccoli laghetti.
Come si usa nel deserto, è d'obbligo andare a rendere visita al capo villaggio. Costui era un Mauro molto chiaro di pelle, con naso aquilino e portamento fiero con un enorme turbante di tela blu sulla sua testa per ripararsi dal sole.
Parlava benissimo il francese. Scambiammo i saluti di rito. Ci fece accomodare dentro la sua enorme tenda a doppio strato di copertura dove la temperatura era veramente gradevole, a differenza dei 45 gradi circa che regnavano all'esterno. Stavamo sdraiati su cuscini e tappeti come dei guerrieri stanchi; e stanchi lo eravamo davvero dopo circa 8 ore di piste di sabbia, con temperature elevate, e le auto che erano costrette a procedere lentamente prese dalla morsa della sabbia finissima.
Il te bollente alla menta, ci rimise un po su di morale. Il capo, già dal nostro arrivo, diede ordine di preparare cous-cous e capretto bollito, che fu letteralmente divorato davanti ai nostri amici Mauritani compiaciuti dal nostro apprezzamento del loro piatto quasi giornaliero. Le donne Maure e no ci guardavano curiose, sorridendo dietro i loro veli scuri. Venne il tramonto. Quasi tutto il villaggio ci accompagnò a pochi chilometri dove c'era una casetta, dipinta di bianco, in pietra e fango, composta da due sole stanzette. I bambini cercavano di salire sui paraurti delle nostre auto: qualcuno ci riusciva e invece altri perdevano l'equilibrio senza troppi problemi poiché la sabbia attutiva la loro caduta.
Stanchi morti, scaricammo i tre fuoristrada con l'aiuto degli autisti e del nostro cuoco. Nessuno di noi aveva l'intenzione di passare la notte all'interno della casetta. Era scomoda e piccola e sicuramente nido di scorpioni. Sotto gli occhi di centinaia di persone, che sorridevano e commentavano, ci preparammo per la notte disponendo i nostri letti pieghevoli tipo militare all'esterno. Gli autisti, si allontanarono con una guida del villaggio, a cercare acqua necessaria per lavarci. Piano piano ritornò la calma. Il sole ormai stava scavandosi la sua tana giornaliera dietro le dune. Il silenzio regnò quasi assoluto. Si sentiva la cantilena dei nostri autisti che pregavano. Rimanemmo soli. Anche gli ultimi bambini curiosi si allontanarono con discrezione.
I fasci di luce delle lampade tascabili cominciarono ad incrociarsi come lame di spade silenziose.
Scese la notte. Il cielo era letteralmente coperto di una coltre di stelle luminosissime. Ogni tanto vedevamo solcare il cielo da qualche satellite terrestre che tracciava una orbita traballante fino a scomparire.
Qualcuno già dormiva: il prof Fumo fumava la sua ultima sigaretta della giornata. Graziano, anche lui chiudeva il suo libro. Gianni invece stava cercando di tagliare le maniche della sua camicia per avere maggior libertà....ma non tutti dormivano. In Africa tanta vita inizia a germogliare quando altri esseri viventi approfittano della notte per riposarsi.... ( a seguire: Il serpente velenoso ).
Seguendo la pista sabbiosa arrivammo al villaggio, meta del nostro intervento. Dovevamo cercare dei siti idonei per piccoli sbarramenti, in modo che, durante la breve stagione delle piogge, potevano sbarrare il passaggio dell'acqua piovana e formare dei piccoli laghetti.
Come si usa nel deserto, è d'obbligo andare a rendere visita al capo villaggio. Costui era un Mauro molto chiaro di pelle, con naso aquilino e portamento fiero con un enorme turbante di tela blu sulla sua testa per ripararsi dal sole.
Parlava benissimo il francese. Scambiammo i saluti di rito. Ci fece accomodare dentro la sua enorme tenda a doppio strato di copertura dove la temperatura era veramente gradevole, a differenza dei 45 gradi circa che regnavano all'esterno. Stavamo sdraiati su cuscini e tappeti come dei guerrieri stanchi; e stanchi lo eravamo davvero dopo circa 8 ore di piste di sabbia, con temperature elevate, e le auto che erano costrette a procedere lentamente prese dalla morsa della sabbia finissima.
Il te bollente alla menta, ci rimise un po su di morale. Il capo, già dal nostro arrivo, diede ordine di preparare cous-cous e capretto bollito, che fu letteralmente divorato davanti ai nostri amici Mauritani compiaciuti dal nostro apprezzamento del loro piatto quasi giornaliero. Le donne Maure e no ci guardavano curiose, sorridendo dietro i loro veli scuri. Venne il tramonto. Quasi tutto il villaggio ci accompagnò a pochi chilometri dove c'era una casetta, dipinta di bianco, in pietra e fango, composta da due sole stanzette. I bambini cercavano di salire sui paraurti delle nostre auto: qualcuno ci riusciva e invece altri perdevano l'equilibrio senza troppi problemi poiché la sabbia attutiva la loro caduta.
Stanchi morti, scaricammo i tre fuoristrada con l'aiuto degli autisti e del nostro cuoco. Nessuno di noi aveva l'intenzione di passare la notte all'interno della casetta. Era scomoda e piccola e sicuramente nido di scorpioni. Sotto gli occhi di centinaia di persone, che sorridevano e commentavano, ci preparammo per la notte disponendo i nostri letti pieghevoli tipo militare all'esterno. Gli autisti, si allontanarono con una guida del villaggio, a cercare acqua necessaria per lavarci. Piano piano ritornò la calma. Il sole ormai stava scavandosi la sua tana giornaliera dietro le dune. Il silenzio regnò quasi assoluto. Si sentiva la cantilena dei nostri autisti che pregavano. Rimanemmo soli. Anche gli ultimi bambini curiosi si allontanarono con discrezione.
I fasci di luce delle lampade tascabili cominciarono ad incrociarsi come lame di spade silenziose.
Scese la notte. Il cielo era letteralmente coperto di una coltre di stelle luminosissime. Ogni tanto vedevamo solcare il cielo da qualche satellite terrestre che tracciava una orbita traballante fino a scomparire.
Qualcuno già dormiva: il prof Fumo fumava la sua ultima sigaretta della giornata. Graziano, anche lui chiudeva il suo libro. Gianni invece stava cercando di tagliare le maniche della sua camicia per avere maggior libertà....ma non tutti dormivano. In Africa tanta vita inizia a germogliare quando altri esseri viventi approfittano della notte per riposarsi.... ( a seguire: Il serpente velenoso ).
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Primiére partie:
La Mauritanie, pays aux mille contrastes entre désert, océan, oasis, brousse et montagnes rocheuses modelées par le vent et le sable, est habitée par des tribus nomades, éleveurs et bergers, agriculteurs et pêcheurs. L’esclavage n’y fut aboli qu’en 1981. Les principales communautés qui l’habitent sont les Maures, blancs d’origine berbère et arabe, ils dominent politiquement le pays ; et les Mauritaniens noirs, considérés par tous comme les anciens esclaves.
Le désert de la Mauritanie. Nous nous trouvions alors au Nord de Aiun El Atrouss dans une région enchanteresse le long de la piste qui mène à Tickit. Les dunes de sable très fin, jaune doré ne cessaient de nous surprendre. C’était une succession de déserts, de cimes rocheuses, de dunes, de brousse de sebkha poussiéreuse. Nous nous arrêtions de temps en temps pour admirer ce paysage pratiquement vierge de toute pollution et prendre des photos. Le silence n’était dérangé que par nos voix et le bruit des moteurs des Land Rover. Un scorpion tentait de se protéger des rayons du soleil, cherchant un peu de fraîcheur en creusant un abri sous le sable bouillant. En suivant la piste de sable, nous sommes arrivés au village, but de notre expédition. Nous devions repérer des sites adaptés à la construction de petits barrages qui, durant la brève saison des pluies, devaient retenir l’eau, formant ainsi de petits lacs.
Dans le désert, l’usage veut que l’on se présente d’abord au chef de village. Celui-ci était un Maure très clair de peau, au nez aquilin et au menton fier, coiffé d’un énorme turban de toile bleue. Il parlait parfaitement le français. Nous avons échangé les salutations rituelles et il nous fit installer dans son énorme tente à double toit où la température était vraiment agréable par rapport aux 45° qu’il faisait à l’extérieur. Nous étions couchés sur des coussins et des tapis, comme des guerriers fatigués ; et fatigués nous l’étions vraiment après les 8 heures de piste de sable en Land Rover sous la température élevée. Le thé à la menthe bouillant nous a un peu remonté le moral. Le chef, dès notre arrivée, avait donné l’ordre de préparer un couscous et de la viande de mouton bouillie. Nous avons littéralement dévoré ce plat, sous le regard approbateur de nos amis mauritaniens, satisfaits de constater que leur plat quotidien nous satisfaisait.
Les femmes nous regardaient, curieuses et souriantes derrière leurs voiles sombres.
Au coucher du soleil, presque tout le village nous accompagna jusqu’à une maisonnette blanche située à quelque distance du village. Des enfants montaient sur les pare-chocs des Land Rover. Certains perdaient l’équilibre et tombaient mais sans mal puisque la sable amortissait la chute.
Morts de fatigue nous avons déchargé les 3 tout terrains aidés par les chauffeurs et le cuisinier. Aucun de nous n’avait l’intention de passer la nuit dans la maisonnette, trop petite et inconfortable. Nous pensions qu’elle était certainement le refuge de quelque scorpion. Sous le regard d’une foule de curieux, nous nous sommes préparés pour la nuit en installant les lits de camp à l’extérieur. Les chauffeurs, en compagnie d’un villageois, sont partis chercher l’eau nécessaire à notre toilette.
Le calme revint. Le soleil creusait son terrier quotidien derrière les dunes. On n’entendait plus que la voix des chauffeurs faisant leur prière.
Les derniers enfants s’étaient éloignés et nous étions restés seuls.
La nuit tomba. Le ciel était constellé d’étoiles. De temps à autre nous apercevions quelque satellite en orbite. Les faisceaux lumineux de nos torches se croisaient dans l’air comme des lames de sabre.
Avant de s’endormir, le Prof. Fumo fumait sa dernière cigarette de la journée, Graziano lisait quelques pages de son livre et Gianni coupait les manches de sa chemise. Mais en Afrique la nuit, toute une vie se réveille pendant que d’autres se reposent.
Le désert de la Mauritanie. Nous nous trouvions alors au Nord de Aiun El Atrouss dans une région enchanteresse le long de la piste qui mène à Tickit. Les dunes de sable très fin, jaune doré ne cessaient de nous surprendre. C’était une succession de déserts, de cimes rocheuses, de dunes, de brousse de sebkha poussiéreuse. Nous nous arrêtions de temps en temps pour admirer ce paysage pratiquement vierge de toute pollution et prendre des photos. Le silence n’était dérangé que par nos voix et le bruit des moteurs des Land Rover. Un scorpion tentait de se protéger des rayons du soleil, cherchant un peu de fraîcheur en creusant un abri sous le sable bouillant. En suivant la piste de sable, nous sommes arrivés au village, but de notre expédition. Nous devions repérer des sites adaptés à la construction de petits barrages qui, durant la brève saison des pluies, devaient retenir l’eau, formant ainsi de petits lacs.
Dans le désert, l’usage veut que l’on se présente d’abord au chef de village. Celui-ci était un Maure très clair de peau, au nez aquilin et au menton fier, coiffé d’un énorme turban de toile bleue. Il parlait parfaitement le français. Nous avons échangé les salutations rituelles et il nous fit installer dans son énorme tente à double toit où la température était vraiment agréable par rapport aux 45° qu’il faisait à l’extérieur. Nous étions couchés sur des coussins et des tapis, comme des guerriers fatigués ; et fatigués nous l’étions vraiment après les 8 heures de piste de sable en Land Rover sous la température élevée. Le thé à la menthe bouillant nous a un peu remonté le moral. Le chef, dès notre arrivée, avait donné l’ordre de préparer un couscous et de la viande de mouton bouillie. Nous avons littéralement dévoré ce plat, sous le regard approbateur de nos amis mauritaniens, satisfaits de constater que leur plat quotidien nous satisfaisait.
Les femmes nous regardaient, curieuses et souriantes derrière leurs voiles sombres.
Au coucher du soleil, presque tout le village nous accompagna jusqu’à une maisonnette blanche située à quelque distance du village. Des enfants montaient sur les pare-chocs des Land Rover. Certains perdaient l’équilibre et tombaient mais sans mal puisque la sable amortissait la chute.
Morts de fatigue nous avons déchargé les 3 tout terrains aidés par les chauffeurs et le cuisinier. Aucun de nous n’avait l’intention de passer la nuit dans la maisonnette, trop petite et inconfortable. Nous pensions qu’elle était certainement le refuge de quelque scorpion. Sous le regard d’une foule de curieux, nous nous sommes préparés pour la nuit en installant les lits de camp à l’extérieur. Les chauffeurs, en compagnie d’un villageois, sont partis chercher l’eau nécessaire à notre toilette.
Le calme revint. Le soleil creusait son terrier quotidien derrière les dunes. On n’entendait plus que la voix des chauffeurs faisant leur prière.
Les derniers enfants s’étaient éloignés et nous étions restés seuls.
La nuit tomba. Le ciel était constellé d’étoiles. De temps à autre nous apercevions quelque satellite en orbite. Les faisceaux lumineux de nos torches se croisaient dans l’air comme des lames de sabre.
Avant de s’endormir, le Prof. Fumo fumait sa dernière cigarette de la journée, Graziano lisait quelques pages de son livre et Gianni coupait les manches de sa chemise. Mais en Afrique la nuit, toute une vie se réveille pendant que d’autres se reposent.
Fin de la premiere partie: Le serpent venimeux.
***
Mauritania, is a country with thousands of contrasts, between deserts, oceans, oasis, brousse, rocky mountains sculpted by winds and sand. Tribal nomads, shepherds, farmers and fishermen live here and up to 1981 this was a slave country.
The main communities in Mauritania are the whites from Berber and Arab origins, politically dominant, and the black Mauros who were all considered ex slaves.
Mauritania Desert. We are north of Aioun el Atrouss in a very enchanting area along the road that brings to Tickit. The golden dunes of fine sand never finished surprising us. It is a continuous panorama of desert, rocky heights, dunes, brousse, and dusty sebkha. We stopped often to take photos and to admire uncontaminated countryside. The silence was broken only by our voices and the engines. The dunes were slightly undulated by the wind. A scorpion tried to protect itself in the hot sand, digging a shelter, searching for a cool spot from the boiling rays of sunlight that made the scorching sand even hotter.
Following a sandy path we arrived in the village. We had to find suitable spots for small barriers so that during the brief rainy season, it would stop the passage of rain water and form small lakes. As is tradition in the desert, it is a duty to visit the head of the village. He was a very light skinned Mauro with an aquiline nose and a proud bearing with an enormous blue cotton turban on his head to protect him from the sun. He spoke excellent French. We exchanged the usual initial salutations. We went inside his enormous double tent where the temperature was really very pleasant and not the 45 degrees outside. We laid on pillows and carpets just as weary warriors. And weary we were after 8 hours of sandy roads in high temperatures and we had to drive our cars very slowly due to the fine sand.
The boiling tea was a mint tea and it lifted our spirits a little bit. The chief, after our arrival had given orders to prepare couscous and boiled baby goat that was literally devoured before the eyes of our friends, who were very satisfied that we appreciated their cooking, that for them was a daily staple. The local and other women watched us with curiosity, smiling behind their dark veils. The sun went down. Almost the entire village accompanied us a few kilometers away where there was a small white house made of mud and bricks with two little rooms. The children tried to climb on the fenders of our cars; some made it and some lost their balance without problems, since the sand softened the falls.
Dead tired, we emptied the three jeeps with help from the drivers and our cook. None of us wanted to spend the night inside the house. It was uncomfortable and small and for sure full of scorpions. Hundreds of eyes watched as we prepared ourselves for the night setting up our military-style cots outside. The drivers went to look for water to wash ourselves with the local guide. Slowly the calm returned. The sun was digging its hole behind the dunes. Silence reigned. We could hear our drivers praying like a lullaby. We were alone. Even the last curious children left discreetly. The lights from the lamps criss-crossed like blades from a silent dagger.
Nighttime fell. The sky was literally filled with bright stars. Every once and a while we saw some earthly satellites that tracked an orbit in the sky.
Someone was already asleep. Professor Fumo was smoking his last cigarette of the day. Graziano was closing his book. Gianni was trying to cut the sleeves of his shirt to feel freer… but not everyone was asleep. In Africa, much life starts when other beings take advantage of the night to sleep…
(to be continued: The venomous snake )
I tuoi racconti sono entusiasmanti...ti trascinano...si vede che conosci bene l'Africa.
RispondiEliminaChissà quanti posti favolosi hai conosciuto e quante popolazioni diverse hai incontrato.
Continua Gianni a scrivere...mi piacciono i tuoi racconti.
ho scoperto da poco il tuo blog che è fantastico. Tantissime belle foto di una Africa che non vedrò mai dal vero. Le descrizioni che fai sono trainanti e ti lasciano senza fiato fino alla fine.
RispondiEliminacristina