martedì 20 febbraio 2007

La Stele di Axum - L' obelisque de Axum - Axum obelisk






 Il parco delle steli ad Axum.



Cari Amici,
ho trovato questo articolo navigando su internet. A parer mio è molto interessante poiché, come spiega il giornalista del " Manifesto" nella dimenticata Etiopia, ci sono ben altri problemi...
Ho fatto anche io la mia piccola inchiesta a partire da Macallè, fino ad Axum, passando per Adua, Sinkata, Hawzien, Adigrat, per sapere cosa la gente pensa di questo ritorno: le stesse che ha raccolto il Sig. Emilio Ernesto Manfredi.
Aggiungo le foto dei tre tronconi che giaggiono miseramente nella polvere.



AXUM Arriva il primo troncone dell'obelisco. Ma nel paese si pensa ad altro: la fame, la siccità e le tensioni con l'Eritrea e con la Somalia
Emilio Ernesto Manfredi
" il manifesto "

Etiopia, il ritorno della stele. A tre settimane dal voto. La restituzione del monumento è una buona mossa d'immagine per il premier Meles Zenawi, in vista delle prossime elezioni legislative del 15 maggio

Addis Abeba. «Sono contento, la stele di Axum non è solo un monumento che appartiene alla mia città, è proprietà del nostro paese, un pezzo della nostra storia, si tratta di un grande passo avanti per noi tutti», dichiara Salomon, rispondendo al telefono dell'albergo in cui lavora. Ad Axum, già da giorni, una serie di striscioni inneggiavano agli sforzi prodotti dal governo etiopico e dal Comitato nazionale etiope per il ritorno dell'obelisco nel suo luogo di origine. Per le strade, cortei di donne vestite degli abiti e degli ornamenti tradizionali di questa zona, il Tigray etiopico, bandiere verde giallo rosso a sventolare nella canicola, attiravano l'attenzione cantando e suonando. Si narrava di corriere provenienti dalle zone circostanti, piene di gente pronta ad accogliere l'arrivo della stele. Festeggiamenti preparati con attenzione, ma apparentemente di nuovo inutili. Ai bordi delle vie, poggiati ai muri, seduti davanti agli esercizi commerciali a cercare un po' d'ombra, gli abitanti della cittadina parevano ormai rassegnati all'ennesimo rinvio. Ed invece, incredibile a dirsi, all'alba di ieri, all'orizzonte del piccolo aeroporto di Axum, è comparso l'Antonov 124-100 che sembrava non dovesse arrivare mai.
Poco dopo, sono iniziate le operazioni di scarico della prima delle tre parti in cui è stata sezionata, a Roma, la stele trafugata 68 anni fa dalle truppe fasciste e rieretta nella capitale italiana per celebrare il quindicesimo anniversario della marcia su Roma. Il trasporto del monumento, ha dichiarato al manifesto questa mattina una fonte dell'ambasciata italiana,
dovrebbe essere completato agli inizi della prossima settimana, condizioni climatiche permettendo.
Ad attendere l'atterraggio del cargo, diverse autorità civili e religiose etiopiche, assieme all'ambasciatore italiano Guido La Telia, sicuramente sollevato dalla conclusione di questa imbarazzante vicenda. A rappresentare il governo etiopico, tra gli altri, era presente il ministro per la cultura, Ato Teshome Toga. Egli, dopo avere annunciato già per mercoledì scorso l'arrivo del monumento, ha potuto finalmente sfogare la propria gioia. «Sono davvero felice, questo è un momento storico per noi, così a lungo atteso», ha dichiarato, mentre nella cittadina etiopica al confine con l'Eritrea i cortei celebrativi perdevano parte del loro risvolto farsesco.
Un buon risultato per il governo di Meles Zenawi, in vista delle elezioni politiche del 15 maggio prossimo. Il primo ministro etiopico non aveva di certo gradito l'ennesimo ritardo nell'arrivo della stele dall'Italia, avendo puntato molto sull'evento come pubblicità elettorale a proprio favore prima delle consultazioni. In realtà, in Etiopia, soprattutto fuori da Axum, dove la propaganda governativa aveva previsto che l'obelisco fosse accolto con tutti gli onori,
permane la sensazione che tutto questo non costituisca certo un problema fondamentale per la popolazione. «Non so cosa sia l'obelisco, non so esattamente nemmeno dove sia Axum, non capisco. Mi sono alzata all'alba e sono scesa qui ad Alamata a piedi, due ore di cammino, per vendere delle uova e con i soldi comprare altre cose da mangiare», raccontava qualche giorno fa Roman, 18 anni, seduta a terra nella polvere, sotto il sole rovente del primo pomeriggio. Alamata è un piccolo centro abitato, nella regione del Wollo, circondato da campagne, in cui si spera solamente che la stagione delle piogge imminente renda fertili a sufficienza le terre, così da poter garantire cibo per le persone e gli animali. Nel mercato, intorno a Roman, migliaia di altre persone si arrabattano in piccoli commerci per poi ricomprare altri generi utili alla quotidiana sopravvivenza. Molto spesso la povertà fa sì che si rivendano farine, granaglie e olio provenienti dagli aiuti umanitari.
In questa Etiopia dimenticata, ma dove vive gran parte della popolazione locale, è difficile potersi interessare alla doverosa restituzione dei patrimoni storico-culturali sottratti dall'esperienza coloniale italiana. La stele è arrivata, ma pochissimi sembrano essersene accorti. Nessuna manifestazione è stata organizzata per l'occasione.
Anche per le strade di Addis Abeba, la vita prosegue normale. Alla sede dell'Istituto di studi culturali etiopici si fa poco cenno a ciò che è avvenuto ieri «Non sono state organizzate iniziative particolari poiché attendiamo il rientro di tutte le parti del monumento. Quando sarà completato, organizzeremo una conferenza», afferma la direttrice dell'istituto, Elsabhet Woldegeorges. L'unico che sembra davvero informato sugli avvenimenti, e sovraeccitato dalla notizia, è Khruma. «È realmente importante ciò che è successo oggi, finalmente ha fine una delle vicende più vergognose dell'occupazione italiana in Etiopia». Sprizza gioia, Khruma. Tuta da ginnastica, turbante bianco in testa, a raccogliere i dreadlocks, Khruma abita ad Addis da alcuni mesi. Ma è nato in Ghana, cresciuto in Canada, e tornato nella terra promessa dei Rastafari. Escluso lui, nessuno sembra voler perdere molto tempo a parlare di ciò che è successo.
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Dear Friends,
I found this article on Internet. I thought it was very interesting since, as the journalist from “Il Manifesto” explains that in the forgotten Ethiopia there are other problems…
I also conducted a small research starting from Macalle’ to Axum, passing through Adwa, Sincata, Hausien, Adigrat to find out what the people thought about this return: the same things that Mr. Emilio Ernesto Manfredi gathered.
Pictures of the three parts that sadly sit in the dust for who knows how long are added.
Follow my blog… there will be updates regarding this.

Axum. The first part of the obelisk arrives. But in the country there are other things to think about: hunger, draught and the tension with Eritrea and Somalia.
Emilio Ernesto Manfredi.Il Manifesto

Ethiopia, the return of the stele. Three weeks from voting day. The return of the monument is a good move for the image of Premier Meles Zenawi in view of the May 15 elections.
Addis Abeba. “I’m happy. The Axum stele is not only a monument that belongs to my city, it belongs to our country, a piece of our history and is a big step ahead for all of us”, declares Salomon, answering the telephone from the hotel where he works. The last few days in Axum, a series of banners waved stating the efforts from the Ethiopian government and the national Ethiopian committee for the return of the obelisk to its original country. Along the streets, women dressed in traditional garbs and ornaments. The Ethiopian Tigray, the green, yellow and red flag waved from the pole and attracted the attention with songs and sounds. It was said that couriers from adjoining areas and people ready to greet the arrival of the stele. Festivities were prepared, but apparently useless. On the sides of the streets, against the walls ….. they seemed resigned at the delays. Incredible, but true, upon sunrise yesterday on the horizon of the small Axum airport an Antonov 124-100 flew in.

Soon after, the unloading of the first of the three parts that it was divided back in Rome after having been purloined by the Fascist troops and re-erected in the Italian capital to celebrate the 15th March on Rome. The transportation of the monument was declared to Il Manifesto this morning by a voice at the Italian Embassy, should be complete by the beginning of the next week, weather permitting.

Several Ethiopian civil and religious authorities were on hand to wait for the cargo plane to land, together with the Italian Ambassador, Guido La Telia for sure relieved that this embarrassing situation was finished. Also present was the Ethiopian Cultural Minister, Ato Teshome Toga. After having announced beforehand the arrival of the monument, he could finally shout out his joy “I am very happy, this is a historical moment for us and much waited for”, while the celebrations in the Ethiopian city confining with Eritrea, lost a little bit of its luster.

A fine result for the government of Meles Zenawi, in view of the elections of May 15. The prime minister certainly had not been happy about the delay from Italy, since he had counted on that arrival to favor his elections. In reality, in Ethiopia, especially outside of Axum where the government propaganda foresaw that the obelisk be greeted with honors, the fact remains that this did not constitute a fundamental problem for the people. “I don’t know what the obelisk is, I don’t really know exactly where Axum is, I don’t understand. I woke up at dawn and came down by foot to Alamata –a two hour walk- to sell eggs and with that money to buy other things to eat” says Roman, 18 years old, sitting on the ground in the dust under a scorching sun. Alamata is a small town in the region of Wollo, surrounded by countryside, where the only hope is that the rains arrive to allow the crops to grow to feed people and animals. In the market, around Roman, thousands of other people shuffle in small trades to buy other staples for everyday survival. Many times poverty has been so bad that flour, grains and oil given by humanitarian aid are sold at markets.

In this forgotten Ethiopia, but where the major part of the local population lives, it’s difficult to be interested in the restitution of a historical-cultural patrimony that was taken away by the Italian colonialists. The stele arrived, but very few were aware. No celebration was organized for the occasion.
In the streets of Addis Abeba, normal life goes on. At the Institute of Ethiopian Cultural Studies very little is said about what happened yesterday. “No special initiatives were organized since we are waiting for the entry of all the parts of the monument. When it’ll be complete, we’ll organize a conference”, says the Director of the Institute Elsabhet Woldegeorges. The only person who seems really informed on the events and actually excited by the news is Khruma. “It’s really important what happened today. Finally one of the most shameful episodes of the Italian occupation in Ethiopia has come to an end”. Khruma is very happy in his jogging suit and a white turban to hold his dreadlocks. He’s been living in Addis Abeba for a few months, but was born in Ghana, grew up in Canada and returned to the promised land of the Rastafarians. Except for Khruma, nobody seems to want to lose time talking about what happened.

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