Veduta dell'interno del Grand Marchè.
Le Grand Marchè.
La vecchia sede del museo.
Il Grand Hotel ristrutturato di recente.
Arrivai a Bamakò in aereo via Parigi. Era il mese di aprile, il più caldo dell'anno, di tanti anni fà. Si faceva scalo ancora al vecchio aeroporto, alla periferia della città; Al suo posto sono cresciuti come funghi, centri commerciali, palazzi, ville, alberghi. Rimasi senza fiato quando toccai l'asfalto infuocato. Faceva talmente caldo che era difficile respirare. Sentii letteralmente salire il calore della bollente pista dai miei piedi che risaliva lungo tutto il mio corpo. Il sole picchiava forte. L'aria era satura di polvere. Ogni cosa che toccavo era calda. Tutto mi sembrava disordinato e abbandonato. Mi venne a prendere Pampaloni con una vecchia Land Rover gialla open top e mi portò al migliore hotel della città il Grand Hotel. Assomigliava più ad una caserma che ad un albergo. Larghi corridoi bui, ampi finestroni che a stenti stavano in piedi. Stanzoni fuori misura. Letti simili ad amache. Gli stravecchi condizionatori russi, facevano un rumore assordante di ferraglia. Le strade era affollate di gente in condizioni miserevoli: mendicanti, lebbrosi, ciechi. La città dava una impressione di abbandono. Costruzioni scalcinate. Pochissime strade asfaltate e piene di buche. Sporcizia in ogni angolo. Spazzatura mai raccolta. Carcasse di auto e di camion ovunque. Le fogne erano tutte a cielo aperto ed emanavano una puzza terribile che si mescolava con l'odore della carne arrostita. Il mio primo impatto con Bamakò ed il Mali non fù dei più felici.
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