martedì 2 gennaio 2007

Il serpente velenoso, le serpent venimeux, the poisonous snake



Seconda parte:

I letti da campo erano allineati davanti il piccolo avamposto. Gli autisti ed il cuoco, accampati con noi, ormai già stavano nelle braccia di Morfeo. In cielo oltre che un quarto di luna, c'erano miliardi di piccole luci. Il silenzio era rotto soltanto da qualche latrato di cane nel vicino villaggio di tende. Ad un tratto sentii un tonfo sordo dietro al mio letto, come se fosse caduto un uccello morto. Detti un sguardo rapido, con l'aiuto della mia lampada tascabile, ma non vidi nulla di sospetto nello spazio fino al muro. Mi feci coraggio e dissi a Graziano che avevo sentito un strano rumore come se qualcosa fosse stato lanciato contro di noi. Il collega, per niente intimorito, mi rispose che anche lui aveva sentito quel sordo tonfo e che qualcosa era caduto dal tetto.
Mi tranquillizzai e cercai la mia posizione preferita per addormentarmi. Per un istante mi vennero in mente l'Italia lontana, la famiglia, i pochi amici fedeli, una ragazza, un'altra ragazza canadese del Manitoba che conobbi solo per pochi giorni di intensa passione; la nuova automobile che mi sarei comperato al mio rientro: una Lancia. Mi addormentai.
Fui svegliato da un improvviso rumore: uno degli autisti aveva chiuso la porte dell' auto con un pò di violenza. Mi girai nel letto mandandolo a quel paese. Avevo la bocca asciutta, mi alzai per prendere una bottiglia d'acqua. Il giorno prima avevo riparato la bandoliera della mia borraccia con la cucitrice per spillare i fogli di carta. Con il peso dell'acqua qualche punto si era aperto e un paio delle mie dita avevano subito delle lacerazioni della pelle. In Africa è noto che le infezioni galoppano a ritmi sfrenati. Accesi la torcia elettrica e vidi in terra la bandoliera ed evitai di calpestarla con il mio piede nudo. Presa la bottiglia, ritornai verso il mio letto, sempre con la torcia accesa che illuminava il terreno. Arrivato all'altezza della mia borraccia vidi che la "bandoliera" si muoveva; guardai meglio: era un serpente grigiastro che strisciava lentamente. Feci un salto indietro. Graziano che mi stava vicino balzo sul lettino da campo come una molla al mio grido di allarme che c'era un serpente in movimento. Anche tutti gli altri si svegliarono e presero le loro lampade tascabili. Gli autisti si presentarono con dei bastoni. Il Dr. Fumo lo trovammo poi chiuso dentro una delle Land Rover, mentre Graziano con un salto da canguro raggiunse il tetto delle stesse. Io ancora scioccato ero rimasto immobile su me stesso, tremavo, e sudavo a freddo ben consapevole del pericolo che avevo corso. Tutti si misero alla caccia del serpente che in breve tempo fu trovato ed ucciso. Il cuoco Checourà, mauritano, il più anziano di tutti, ci disse che la bestia uccisa è uno dei serpenti più velenosi di tutta la Mauritania: tempo un quarto d'ora ed il mal capitato sarebbe morto. Ascoltando questo impazzii dalla paura: il malcapitato ero io, non potevo pensarci. Non mi davo pace, camminavo , bevevo, mi siedevo, giravo intorno alle Land Rover come uno fuori di testa. Finalmente Fumo, che aveva con se mille tipi di medicine, mi dette un calmante.
La notte era ancora buia. Dal vicino villaggio i cani non smisero di abbaiare disturbati dal nostro improvviso risveglio. Nessuno ebbe più il coraggio di dormire. Graziano si ricordò di quello che gli dissi qualche ora prima. Infatti anche lui si rese conto del pericolo mortale in cui incappammo e non si dette pace per alcuni giorni. Chi provò a dormire dentro le auto chi sul tetto. Gli autisti ed il cuoco spostarono i loro letti ben lontano dal fabbricato. Io invece mi misi seduto sul cofano di un auto: tremavo, il calmante non faceva effetto più di tanto. Venne l'alba. Ciascuno pensava alle proprie cose. Facemmo una rapidissima colazione. Smontammo tutto il campo. Le Land Rover vennero di nuovo caricate ed in poco tempo lasciammo quel luogo funesto. Era appena giorno. Il sole ancora non era uscito dalla sua tana. Il villaggio era tutto in fermento come se ci aspettassero. Infatti ci venne incontro il capo villaggio, sempre con il suo enorme turbante sulla testa. Ci salutammo stringendoci le mani. Non perse tempo a chiederci cosa fosse successo la notte passata. Gli spiegammo l'accaduto ed anche il cuoco Checourà espose la sua versione dei fatti. Il capo sorridente se ne venne fuori che forse era il serpente della stessa famiglia che l'anno passato avevo morso ed ucciso un tecnico della Cooperazione francese, che anche lui aveva soggiornato presso l'avamposto maledetto della Legione Straniera. Inoltre aggiunse di seguirlo per mostrarci la sua tomba che in effetti trovammo a pochi metri dal fabbricato. Pensieri tristi mi martellarono per giorni; mi immaginavo già sepolto nella sabbia. Con la possibilità che durante la notte i sciacalli e iene avrebbero divorato i miei miseri resti. I miei che non avrebbero mai richiesto il mio cadavere. Nessuno si sarebbe scomodato a fare un così lungo viaggio per almeno portarmi un mazzo di foglie di acacia spinosa...non dormii per almeno un paio di notti. Piano piano il ritmo del lavoro calmò la mia agitazione. Ma ancora oggi, quando ci ripenso mi vengono i brividi lungo la schiena.
Il deserto è affascinante, ti entra nel sangue ma basta poco che tutto si trasforma in tragedia.



 Tipica teiera mauritana con intarsi in rame.



Déxieme partie:
Nos lits de camp étaient alignés devant le petit avant-poste. Les chauffeurs et le cuisinier étaient déjà dans les bras de Morphée. Dans le ciel au-dessus de nos têtes, un quart de lune et une myriade de petits points lumineux. Le profond silence n’était interrompu que par les aboiements des chiens venant du village de tentes voisin. Tout à coup, j’ai entendu un bruit sourd derrière mon lit, comme si un oiseau mort était tombé sur le sable. J’ai rapidement regardé les alentours avec l’aide de ma torche, mais ne vis rien de suspect. J’ai dit à Graziano que j’avais entendu un bruit étrange, comme si l’on avait lancé quelque chose vers nous. Mon collègue, pas du tout effrayé, m’a confirmé avoir entendu ce bruit lui aussi et que quelque chose était probablement tombé du toit. Plus tranquille, j’ai cherché une position confortable pour m’endormir, en pensant à l’Italie si loin d’ici, à ma famille, aux quelques amis fidèles, à une jeune femme canadienne du Manitoba avec laquelle j’avais connu quelques jours de passion intense, à la nouvelle voiture que j’avais l’intention d’acheter dès mon retour : une Lancia. Soudain, j’ai été réveillé par un bruit : un chauffeur avait claqué la portière d’une voiture. Je me suis retourné dans mon lit, furieux. Mais j’avais la bouche sèche et je me suis levé pour prendre une bouteille d’eau. Je dois dire que, la veille, j’avais réparé la bandoulière de ma gourde avec une agrafeuse et que le poids de l’eau avait rouvert quelques agrafes sur lesquelles je m’étais déjà égratigné les doigts. En Afrique, on sait que la moindre infection s’aggrave très vite. J’ai donc allumé ma torche et, ayant repéré la bandoulière sur le sol, j’ai donc évité de marcher dessus pieds nus. J’ai pris la bouteille d’eau et je suis retourné vers mon lit, toujours avec ma torche allumée. Arrivé à la hauteur de ma gourde, j’ai vu que la « bandoulière » bougeait. J’ai mieux regardé : c’était un serpent gris qui se mouvait lentement. Vivement, j’ai fait un bond en arrière. A mon cri d’alarme, Graziano a sauté sur son lit de camp comme un ressort. Tout le monde s’est réveillé. Les chauffeurs avaient déjà des bâtons, tandis que le Prof Fumo s’était réfugié dans une Land Rover, tandis que Graziano était déjà sur le toit de l’une d’elles. Moi, choqué, j’étais resté immobile. Je tremblais et j’avais des sueurs froides, bien conscient du danger. En peu de temps le serpent a été retrouvé et tué. Notre cuisinier, Checourà, un Mauritanien âgé, nous a appris qu’il s’agissait d’un serpent d’une espèce très venimeuse qui tue un homme en moins d’un quart d’heure. En entendant cela, j’ai réalisé que je l’avais échappé belle. Cela m’a rendu fou : je ne me contrôlais plus : je marchais, je m’assoyais, je buvais, je faisais le tour des Land Rover. Finalement, Fumo qui ne voyageait pas sans pharmacie, m’a donné un calmant.
Dérangés, les chiens du village d’à côté aboyaient. La nuit n’était pas terminée mais aucun d’entre nous n’a eu le courage de se recoucher dans les lits de camp. Qui essaya de dormir dans les voitures, qui sur le toit. Les chauffeurs et le cuisinier déplacèrent leurs lits bien loin de la cabane. Moi, je m’assis sur le capot de la voiture. Je tremblais, le calmant ne faisait pas beaucoup d’effet. A l’aube, chacun vaqua a ses occupations. Après un rapide petit-déjeuner, le camp fut démonté. En peu de temps les Land Rover furent chargées et nous avons quitté ce lieu funeste. Le jour était à peine levé. Le soleil n’était pas encore sorti de sa tanière, mais le village était déjà animé, comme si on nous attendait. D’ailleurs le chef de village vint à notre rencontre et, après les salutations d’usage, il nous demanda ce qui était arrivé pendant la nuit. Après lui avoir raconté nos mésaventures, il nous dit, souriant, qu’il s’agissait probablement d’un serpent de la même famille que celui qui avait mordu et tué un technicien coopérant français l’année précédente au même endroit. Il nous invita à le suivre et nous montra sa tombe. Pendant des jours et des jours, je me suis imaginé enseveli sous le sable et que la nuit, chacals et hyènes viendraient dévoré mes misérables restes. Je pensais que ma famille ne demanderait pas mon cadavre et qu’aucun d’eux ne se dérangerait pour apporter quelques feuilles d’acacia sur ma tombe… bref, les premières nuits, je ne parvins pas à dormir, puis petit à petit, le rythme du travail calma mon agitation. Aujourd’hui encore, lorsque j’y repense, j’en ai froid dans le dos. Le désert est fascinant, mais un rien suffit pour qu’il se transforme en tragédie. Fin de la dexième partie.

***

The cots were lined up in front of the outpost. The drivers and the cook, who were camped with us, were already fast asleep. In the sky, besides a quarter moon, there were millions of tiny lights. The silence was interrupted only by some dog howling in the nearby tent village. All of a sudden I heard a thump behind my bed, as if a dead bird had fallen. I looked quickly around with the help of my flashlight, but I didn't see anything suspicious in the space within the wall. I dismissed it and told Graziano that I had heard a strange sound as if something has been thrown toward us. He told me, not at all fazed, that he had heard something and that maybe something had fallen from the roof. I calmed down and found my favorite sleeping position. For a little bit I thought about far away Italy, the family, my few good friends, a girl, another Canadian girl from Manitoba that I had met for only a few days with intense passion, the new car that I would buy upon my return: a Lancia. I feel asleep. I was awakened by a sudden sound: one of the drivers had closed the car door too loudly. I turned around and silently cursed him. My mouth was dry and I got up to get a bottle of water. The day before I had repaired the bandolier from my water bottle with staples (like those you staple paper together). With the weight of the water, a few staples came apart and a couple got stuck in my fingers, creating a couple of scratches. In Africa, it's well known that infections cath on very quickly. I turned on the electric torch and saw the bandolier on the floor and was carefully not to step on it with my bare feet. I took the bottle and returned to my bed, with the torchlight still on that lit up the ground, when I saw that the bandolier was moving; I looked closer: it was a gray snake that was slowly slithering. I jumped back. Graziano who was the next to me jumped on his bed like a spring after he heard me scream that there was a snake moving around. Everyone else woke up and turned on their flashlights. The drivers arrived with sticks. Dr Fumo closed himself in one of the cars, while Graziano hopped like a kangaroo on top of the jeep. I was still shocked and couldn't move. I was shaking and had cold shivers aware of the danger I could have been in. Everyone hunted down the snake and quickly found it and killed it. Checourà, the cook, and the oldest of the group, told us that the snake was the most poisonous snake in all of Mauritania, within a quarter of an hour after being bit, the unfortunate victim would be dead. After hearing this, I literally went crazy with fear. I could have been that victim and I didn't want to think about it. I couldn't find peace, I paced, drank, sat down, walked around the Land Rover like a mad man. Finally Fumo, who had thousands of different medicines, gave me a tranquillizer. The night was still dark. The dogs from the nearby village didn't stop howling after our brusque awakening. Nobody had the courage to go back to sleep. Graziano remembered what I had said a few hours earlier. He realized what kind of mortal danger we had been and couldn't find peace for a few days. Some tried to sleep in the cars or on top of the cars. The drivers and the cook moved their cots away from the house. Instead, I sat on the hood of the car, shaking since the tranquillezer didn't have much of an effect. Dawn came. Each of us was lost in his own thoughts. We had a quick breakfast and tore down the camp. The cars were again filled and in no time we left that awful place. It was barely daytime. The sun had hardly come up. The village was lively as if it had been waiting for us. The chief, always with the enormous turban on his head, came to meet us. We told him what had happened and the Checourà also told his version of the story. Smiling, the chief daid that it was probably the same kind of snake that last year bit and killed a technician from the French Cooperation and that he too, had stayed at the doomed Foreign Legion outpost. He then said to follow him and showed us his burial place, which was actually very close to the house. Sad thoughts went through my mind for days: I imagined it was me buried in the sand and that the jackals and hyenas would have devoured the remains of my body. My family would never have requested my body. Nobody would have traveled that far to bring a bouquet of leaves... I didn't sleep for a couple nights. Slowly the work rhythm began to calm me down. But, even today, if I think about it, I get cold shivers down my back.
The desert is fascinating, it enters into your blood, but just a little thing can change into tragedy.

4 commenti:

  1. ...certo che hai avuto una fortuna...

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  2. che vita che hai fatto,
    quasi quasi sono geloso.
    io solo topo d'ufficio.

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  3. In una notte costellata di tanti puntini luminosi, hai descritto uno scenario surreale, fantastico, un silenzio profondo disturbato soltanto da qualche latrato di cane, in un'atmosfera, che anche se per breve tempo, ti ha fatto rivedere alcune immagini della tua vita trascorsa. Mi ha colpita soprattutto, il tuo coraggio e la tua forza d'animo, sicuramente dettati dell'istinto di sopravvivenza, quando ti sei trovato di fronte ad un serpente velenoso. Non so se nel tuo caso, avrei avuto tanta freddezza per affrontare questa pericolosa situazione. E' probabile che io sia un pò...."fifona"? Questo racconto mi è piaciuto in maniera particolare.

    Annamaria

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  4. grande....io in questa portineria troppi ne faccio di sogni con la mente..ma leggere un suo raccondo mi fa vivere quei momenti in prima persona!!complimenti!

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